Gli agricoltori protestano, un punto di vista apistico

Fine Gennaio 2023. E’ notizia di questi giorni il malcontento degli agricoltori che in tutta Europa marciano nelle città per protestare contro le nuove politiche europee (PAC) che impongono diversi cambiamenti non graditi.

Uno degli argomenti mal digerito è il contributo per lasciare una parte dei propri terreni “incolti”.

In particolare l’Europa chiede che il 4% dei terreni coltivati sia destinata ad altri usi che non sia la coltivazione.

Questi terreni possono essere utilizzati in più modalità, ma visto che qui si parla di apicoltura e api, una in particolare risulta in tema ed è stata studiata per aiutare gli insetti impollinatori.

Si tratta del cosiddetto Eco Schema 5 che prevede la semina, in questi terreni o fasce perimetrali, di sementi mellifere con l’obiettivo di dare sostegno agli impollinatori selvatici.

Quindi non una misura che aiuta gli apicoltori con le loro “api da miele”, ma situazioni che possano fare tornare a un ripopolamento di apoidei selvatici schiacciati dalle monocolture che si sono sempre più imposte.

Un intento tutto sommato nobile, ma che ovviamente sottrae terreno alla coltivazione di derrate alimentari.

A questo punto si potrebbe finire a parlare della volontà politica, di sovranità alimentare e di tanti argomenti che non sono di mio interesse, quindi facciamo un passo oltre…

Se devo pensare al tentativo di ripopolare le campagne degli insetti impollinatori non posso che essere d’accordo.

Negli ultimi decenni si è corsi verso una industrializzazione della agricoltura che ha portato alla riduzione o eliminazione delle siepi, dei fossi, delle bordure, degli alberi all’interno o nel perimetro dei campi coltivati, tutto con l’obiettivo di rendere più snello il lavoro di macchine agricole sempre più grandi e veloci.

Se oggi c’è un tentativo di riequilibrare in parte questo disequilibrio non lo reputo un errore.

Sul versante dell’apicoltura (quella praticata da noi apicoltori con l’obiettivo di raccogliere miele o altri prodotti) questo non porta a vantaggi perché le estensioni sono minime e non portano a raccolti interessanti e sotto questo punto di vista occorre fare un’altra riflessione.

Come l’agricoltura industriale ha portato a riduzione di biodiversità, scomoda al trattorone, anche le sementi hanno subito una trasformazione.

Anche se gli OGM in Italia non sono consentiti, è permesso l’uso di ibridi e grazie a questi si è comunque arrivati ad avere delle sementi snaturate rispetto a qualche decennio fa.

Con questi ibridi le colture in molti casi necessitano di un intervento meno decisivo degli impollinatori, presentano caratteristiche tecniche del seme più interessanti per il mercato ma per contro forniscono meno nettare e polline, sostanze essenziali per gli apoidei, selvatici o allevati che siano.

Per fare un esempio, su una coltura di girasole che fino a qualche decennio fa permetteva un buon raccolto di miele, oggi consente di raccogliere molto poco, se non addirittura nulla…

Le sementi però sono diventate “alto oleiche” e il mercato richiede ormai solo queste, costringendo chi magari vorrebbe coltivare il seme tradizionale a orientarsi sul seme innovativo e tecnologico, pena il non ritiro del raccolto da parte del mercato…

Stesso discorso per le colture di cipolla, se un tempo si poteva sperare in una buona importazione di nettare di cipolla, oggi questo non avviene più e ovviamente molti insetti ne soffrono.

Questo ha portato a una riduzione di produzioni apistiche che, a cascata, ha trascinato il mercato del miele nazionale ed europeo in generale verso una curva discendente che si spera stia arrivando al suo punto più basso.

A questo proposito infatti anche gli apicoltori, in particolare in Francia, stanno iniziando a protestare e di questo voglio parlare in un prossimo articolo.

In Francia si sa, hanno fatto la rivoluzione… In Italia siamo molto più pazienti e tolleranti, ma sono molti i colleghi che si tanno disinnamorando e allontanando da questo mestiere.

Si assisterà a una riduzione della popolazione di api così fondamentali per l’ecosistema ?
Penso di no, ma mi attendo una bella trasformazione del settore.

Intanto ti invito a leggere anche un altro articolo su questo sito dove parlo delle difficoltà del settore apistico, premessa al prossimo articolo che pubblicherò.